Livello difficoltà ★★★✩✩
Spinge a terra la ex-moglie per sottrarle il cellulare ed impedirle di utilizzarlo.
Si configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni o quello di rapina?
Caia, dopo alcuni anni di matrimonio con Tizio, decideva di separarsi per sopraggiunte incompatibilità caratteriali.
Dunque, dopo averlo comunicato al marito, avviava le pratiche della separazione e si trasferiva presso un’altra abitazione.
Orbene, in occasione di un incontro finalizzato al ritiro degli effetti personali rimasti all’interno dell’abitazione familiare, la stessa si rendeva conto che tutti i propri beni erano stati danneggiati.
Pertanto, la donna riprendeva col proprio cellulare tali beni al fine di dimostrare la sussistenza dei numerosi danni.
A quel punto, Tizio, tentava di sottrarle il telefono cellulare per impedirle di effettuare le riprese.
Caia, in un primo momento, riusciva a trattenerlo a sé, contrastando efficacemente l’azione di Tizio. Tuttavia, quest’ultimo per vincere la resistenza opposta dalla vittima la spingeva a terra e, in tal modo, riusciva ad impossessarsi del cellulare.
Caia, quindi, denunciava quanto verificatosi alle autorità competenti.
Dunque, Tizio si reca dal proprio legale di fiducia evidenziando che la propria condotta era solamente finalizzata ad impedire un atto da egli ritenuto illecito.
Il candidato, assunte le vesti dell’avvocato di Tizio, rediga parere motivato individuando le ipotesi di reato configurabili a carico del proprio assistito.
SOLUZIONE SOMMARIA
Orbene, la giurisprudenza di legittimità ritiene che in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l’autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa.
Invero, deve sostenere che il suo diritto sia suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale.
Inoltre, tale pretesa deve corrispondere perfettamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi “quid pluris”.
Difatti, ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268362).
Nel caso di specie, Tizio aveva riferito che si era impossessato del telefono cellulare non per finalità di profitto, ma per impedire un atto a suo dire illecito.
Tuttavia, non sussiste alcuna pretesa tutelabile davanti all’autorità giudiziaria, rispetto alla quale il medesimo avrebbe ritenuto di farsi giustizia da sé sottraendo alla moglie il telefono cellulare.
Difatti, non può ritenersi che l’esecuzione di riprese con un telefono cellulare, di oggetti di proprietà della persona che le esegue, possa costituire condotta illecita in grado di procurare danni a terzi soggetti.
Tale ipotesi che anche ove ritenuta sussistente da Tizio in buona fede non avrebbe comunque consentito di conseguire altro rimedio che quello risarcitorio.
Invero, non avrebbe potuto sottrarre dalla disponibilità di Caia il telefono cellulare di cui era proprietaria.
Ciò posto, accertato che nel caso in esame non appare configurabile il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, si deve verificare se Tizio con la propria condotta possa avere integrato il reato di rapina.
In particolare, ai sensi dell’art. 628 c.p. è punito chi per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene.
Peraltro, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale tale reato si configura nel caso in cui il bene sottratto sia particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione.
In tal modo, la violenza necessariamente si estende alla persona, in quanto l’agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa.
Dunque, qualora la violenza sia esercitata simultaneamente sulla cosa e sulla persona per vincere la resistenza opposta dalla vittima e protesa a difendere o trattenere la cosa, ricorre il delitto di rapina.
Nel caso in esame, in un primo momento Caia era riuscita a trattenere a sé il cellulare, ma la sua resistenza fu vinta dalla trazione violenta che fu adoperata da Tizio.
In particolare, questi spingendo Caia riusciva ad impossessarsi del bene.
Dunque, nel caso di specie appare configurabile il reato di rapina in quanto la violenza è stata indirizzata anche nei confronti della persona e non esclusivamente sulla cosa.
Alla luce delle superiori argomentazioni, si deve concludere che Tizio con la propria condotta abbia integrato il reato di rapina in quanto per vincere la resistenza di Caia la spingeva a terra e si impossessava del suo cellulare, esercitando quindi una forma di violenza direttamente sulla vittima del reato.
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