TRACCIA N.10 (PENALE)

Livello difficoltà    ★★★✩✩

Consegna banconote false al parroco in cambio delle monete delle offerte.

Quale reato configura con tale condotta?

Caio, sacerdote cattolico, ogni giorno celebrava la messa presso la parrocchia di appartenenza e, quindi, riceveva le offerte dei fedeli.

Tizio, che frequentava abitualmente la medesima chiesa, si offriva di sostituire le monete raccolte con delle banconote di corrispondente valore.

Caio accettava tale proposta.

In realtà, Tizio consegnava a Caio cinque banconote false in cambio della corrispondente somma in monete pari a 500 Euro.

Tuttavia, dopo qualche giorno, Caio si rendeva conto di essere stato raggirato e denunciava il fatto alle autorità competenti.

Tizio, quindi, si reca dal proprio legale di fiducia al fine di essere reso edotto in ordine alle possibili conseguenze penali della propria condotta.

Il candidato, assunte le vesti dell’avvocato di Tizio, rediga parere motivato analizzando la questione sottesa al caso in esame.

SOLUZIONE SOMMARIA

Si deve, in primo luogo, evidenziare che Tizio inducendo Caio in errore, si è procurato un ingiusto profitto.

Invero, si è impossessato della somma di denaro che era stata offerta dai fedeli al parroco durante la celebrazione delle messe.

Dunque, con tale condotta ha integrato il reato di truffa ex art. 640 c.p..

Ciò posto, occorre verificare se possa, altresì, configurarsi una circostanza aggravante in ragione della qualità rivestita da Caio e se, quindi, sussista un maggiore disvalore penale della condotta.

Orbene, la giurisprudenza di legittimità si è trovata a doversi confrontare con il problema dell’applicabilità dell’aggravante dell’aver commesso il fatto contro “una persona rivestita della qualità di ministro del culto cattolico” o di un culto ammesso dallo Stato prevista dall’articolo 61 c.p., comma 1, n. 10.

Al riguardo, la Suprema Corte ha ritenuto che la condotta illecita deve essere diretta contro il soggetto che riveste la qualità di ministro del culto, con l’intenzione di vulnerarne il fisico ovvero l’integrità morale.

Pertanto, l’avverbio “contro”, usato quale elemento differenziatore del più comune “in danno”, delimita la previsione della circostanza aggravante ai soli reati dolosi in ragione della necessaria conoscenza della funzione svolta dalla vittima.

Si evidenzia in proposito come la dottrina opera un’utile distinzione, ritenendo che, nel caso del reato commesso contro un ministro del culto nell’atto dell’adempimento delle funzioni, la maggior tutela penale è apprestata per garantire la sicurezza e il decorso dell’esercizio delle funzioni.

Tale ragione sanzionatrice rafforza la convinzione che l’offesa deve essere diretta contro la persona in ragione dell’istituzione religiosa che la stessa rappresenta e che tale qualità debba causare o concorrere a causare il reato.

Dunque, la qualifica di sacerdote del soggetto passivo, per essere rilevante ai fini della configurabilità dell’aggravante, deve aver determinato o concorso a determinare l’azione aggressiva del soggetto attivo.

Ciò posto, si deve rammentare che le opere di carità rappresentano un servizio tipico del ministero cattolico, basti pensare alla destinazione delle elemosine o delle somme espressamente destinate dagli oblanti ai poveri delle parrocchie.

Invero, modeste elargizioni a persone bisognose o indigenti costituiscono, di fatto, una costante dell’attività dei parroci.

Orbene, la condotta di Tizio per il contesto e l’oggetto del furto, deve essere considerata diretta nei confronti della persona offesa proprio perché titolare di somme di denaro, derivanti dalle offerte dei parrocchiani e solitamente aduso, per comodità e consuetudine, a cambiarle.

Pertanto, si tratta della “vittima ideale” della truffa ordita ai suoi danni attraverso la dazione di banconote false corrispondenti al valore delle monete disponibili.

L’autore della condotta si è, quindi, rivolto al sacerdote in ragione della sua funzione.

Difatti, per mettere in atto la truffa, ha sfruttato le circostanze dell’essere la vittima un ministro di culto, qualità, dunque, che ha concorso a determinare il reato così come realizzato.

Alla luce di quanto esposto, si deve ritenere che Tizio abbia posto in essere il reato di truffa aggravata ai sensi degli artt. 640 e 61 n.10 c.p. in quanto si è appropriato con modalità truffaldine delle opere di carità che rappresentano un servizio tipico del ministero cattolico, grazie alle modalità con le quali queste vengono normalmente elargite (monete di piccolo taglio delle quali è necessario ordinariamente il cambio per una migliore spendita e fruizione).

Traccia-n.10-Sentenza-di-riferimento_Corte-di-Cassazione-Sezione-5-penale-Sentenza 13 gennaio 2021 n. 1178

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